Inizio questa mia riflessione riportando il pensiero di Gramellini apparso sul Corriere della sera pochi giorni fa e che ho apprezzato molto, ma a cui, dopo la presentazione del seguente articolo, vorrei aggiungere solo alcune mie considerazioni personali:

 “Davvero papa Francesco pensa che l’affetto per gli animali abbia sostituito quello per i bambini? Che molti umani preferiscano sentirsi genitori di quadrupedi, ritenendoli meno impegnativi? La civiltà occidentale finirà sotto un diluvio di crocchette, tra chihuahua ben pasciuti e bambini sporadici o denutriti? Ieri, seduto accanto alla Meloni vestita come lui, l’omonimo del santo che chiamava gli animali fratelli ha raccontato con disgusto di avere visto una donna trasportare un cane dentro un passeggino, e di un’altra signora incontrata durante un’udienza generale. Questa seconda donna, che chiameremo Anna Sergeevna in omaggio alla protagonista del racconto di Cechov, spalancò la borsa in cui stava il suo cagnolino e chiese al Pontefice: «Lo benedice il mio bambino?». Bergoglio non solo si rifiutò di farlo, ma la sgridò: «Con tanti bambini che hanno fame, pensa al cagnolino?».
Il Papa permetterà a un genitore che è anche un animalista impenitente di sollevare qualche dubbio sulla sua equazione «più amore ai cani, meno amore ai bambini». Chi umanizza gli animali al punto di metterli dentro un passeggino per neonati è spesso una persona fragile a cui i dolori della vita hanno fatto smarrire il senso della misura. Non so se vada sgridato, ma non andrebbe brandito come strumento polemico. Il mondo è pieno di pazzi, ma anche di gente che ama sia gli animali sia i bambini. Mi preoccupano di più quelli che non amano gli animali, perché di solito non amano neanche i bambini”.
Questo quanto scritto sul Corriere della sera.


Sono da sempre un animalista convinta, ho vissuto l’infanzia nella mia famiglia di origine in campagna, circondata da animali che facevano parte integrante del nostro habitat; da adulta ho avuto la fortuna e la possibilità di vivere a stretto contatto con cani, cavalli e anche con una capretta; adesso ho soltanto tre magnifici gattini, due dei quali si sono aggiunti a noi senza che li avessimo cercati! Gli animali hanno svolto e svolgono tuttora un ruolo importantissimo nella mia vita e anche per la mia serenità, arricchendo la mia capacità di amare gli altri, ricercando sempre un giusto equilibrio e il rispetto per tutti, compresi i quadrupedi che ho avuto il piacere di ospitare. La loro indole di genuina predisposizione ad amare in modo oblativo, senza se e senza ma, scevra da dinamiche ambivalenti (caratteristiche di noi esseri umani), mi ha sempre riconciliato in primis con me stessa e con tutto il genere umano, mi ha reso più tollerante e libera nella consapevolezza di non sentirmi superiore, ma parte di un universo a cui miracolosamente appartengo. L’amore per gli animali non mi ha frenato nel desiderio, insieme a mio marito, di formare una famiglia: mio marito e i nostri quattro figli che amiamo più di noi stessi. Animali e persone che riescono a riempire spazi affettivi immensi, sempre in divenire, amore che può crescere in modo esponenziale e che ci aiuta a essere migliori, rendendoci consapevoli dei limiti da accettare e degli orizzonti da raggiungere.
Purtroppo, nel tipo di cultura in cui siamo immersi, siamo sempre più abituati ad approcciare i problemi in senso binario, dicotomico, secondo un diktat rigido, all’insegna dell’ aut aut che implica la necessità di accogliere solo uno dei due aspetti. Siamo purtroppo condizionati da un bisogno atavico del “nemico” da individuare e da condannare. Così, seguendo un pensiero disfunzionale e essenzialmente schizoide siamo portati, senza quasi accorgercene, a separare nettamente i diritti dell’orso dalla vita dei trentini in pericolo, il lupo dalle pecore degli agricoltori, le meduse dal mare…Ma anche fra noi umani vige lo stesso principio: per esempio gli ucraini dai russi, come se le persone fossero assemblabili in blocchi monolitici precostituiti. Ma le centinaia di giovani ventenni ucraini morti in guerra, e che ancora purtroppo sono destinati a morire, non hanno forse lo stesso peso, valore e dignità delle centinaia di giovani russi uccisi, e che ancora dovranno morire, nella stessa guerra?
Così l’episodio del Santo Padre e la signora con il cane è analizzato etichettando il Papa come persona che non ama gli animali.
E’ questo il frutto di un pensiero riduttivo, divisivo, che porta l’uomo a confinarsi in angusti spazi mentali che gli impediscono di guardare oltre.
Ma tornando all’articolo di Gramellini vorrei aggiungere una considerazione a favore di Papa Francesco che comunque non ha alcun bisogno delle mie difese essendo un uomo che ritengo coraggioso e libero intellettualmente. La donna che ha richiesto la benedizione per il suo cane era una fedele, che verosimilmente non voleva provocarlo o mancargli di rispetto, ma forse la sua richiesta era attribuibile a un suo bisogno di visibilità, nel senso proprio di essere vista, cioè accolta, quindi amata dal Pontefice in un contesto in cui questa signora era probabilmente sola da un punto di vista emotivo e affettivo. E’ accaduto probabilmente che il Santo Padre abbia colto il contenuto piuttosto che la relazione in cui la dinamica si stava svolgendo. Probabilmente egli si è lasciato andare alla suggestione emotiva del momento, in un tempo in cui egli viene attaccato da più parti, da troppe e ingiustamente. Il cane è un animale, l’uomo è un essere umano: sono diversi, ma ciò non toglie che si possano amare e rispettare entrambi, come del resto accade fra esseri umani, né più né meno. E’ negare o confondere queste differenze fra i due generi, e non l’amore fra essi, che forse ha scandalizzato il Santo Padre. Quindi è la relazione in cui si è svolto l’incontro fra i due che è stata forse “azzardata”, ma non il contenuto, in quanto “il figlio” (la cagnolina della signora) nasce solo da una madre, donna e tale figlio non può essere un cane, anche se si può amare nello stesso modo, e di cui anch’io, nella mia esperienza personale di vita, ne sono testimone.
Auspico, soprattutto da parte di coloro che esercitano un potere a livello educativo e intellettuale attraverso i giornali e tutte le fonti di informazione, che emerga in modo significativo, un pensiero “elastico” capace di contemplare tutte le sfumature di una relazione, alla ricerca seria e costante di tutti i pro e tutti i contro che ogni nostro agire inevitabilmente implica. Ciò che deve premere non è cercare una risposta facile, simile a una sentenza che discolpi uno e salvi un altro, ma la ricerca della verità che non è mai di parte, non è pregiudizievolmente schierata in un senso o nell’altro, ma volta solo al bene dell’uomo.