All'interno dell'utero materno l'embrione e successivamente il feto  si formano, si sviluppano e crescono all'inizio in perfetta simbiosi con la madre eppure gradualmente distinguendosi da lei.


E' un essere che vive in lei e grazie a lei, ma non è lei, infatti già dal principio è distinto dalla madre. La separazione fisica del rapporto duale madre bambino inizia con la nascita, attraverso cui si assiste allo strappo dal grembo materno; evento meraviglioso ma anche traumatico, come già Otto Rank ben descriveva, nel lontano 1924, nel saggio “Il trauma della nascita”. E' un evento traumatico per il neonato per evidenti cambiamenti fisiologici a cui è bruscamente sottoposto:
- variazione della temperatura dell'ambiente da interno a esterno all'utero,
- aggressione della luce elettrica esterna e dei rumori,
- pressione del soffocamento che dà inizio al richiamo di aria nei polmoni,
- taglio del cordone ombelicale.


Il primo anno di vita si caratterizza da un intimo contatto duale madre neonato, Spitz, nel 1958, nel suo famosissimo saggio “Il primo anno di vita” sostiene che i primi tre mesi di vita del piccolo sono caratterizzati da una non-differenziazione fra mondo interno ed esterno: il neonato percepisce se stesso come il seno stesso attraverso cui riceve tutto il nutrimento necessario per la sua sussistenza. Vive infatti una fase di onnipotenza e narcisismo primario in cui percepisce la madre come una parte di sé. Dal quarto all'ottavo mese, circa, (definito stadio dell'oggetto precursore) il bambino comincia a percepire la prima traccia di un rapporto oggettuale ancora non ben definito, introdotto da un primo organizzatore: la risposta del sorriso del lattante di fronte al contorno di un volto umano che a livello di comunicazione analogica corrisponde al “sì, è bello vederti” . Il suo sorriso agisce in funzione del ritmo binario piacere-dispiacere che si esprime con il sorriso o con il pianto, oscillando quindi tra assenza di tensione, calma, in cui sorride e la tensione per cui piange.


Dai nove ai quindici mesi entra in gioco il secondo organizzatore, la madre “intera”, che diventa il vero oggetto libidico e già dall'ottavo mese sperimenta l'angoscia in assenza della madre che egli teme lo possa abbandonare. La presenza di un estraneo lo può turbare perché il suo volto non è uguale alle tracce mnemoniche del volto materno.


Da circa il quindicesimo mese appare il terzo organizzatore attraverso la parola “no”, spesso associata allo scuotere la testina in senso orizzontale. Il no ha adesso una valenza anche semantica. L'accudimento materno è in queste fasi essenziale per il futuro equilibrio del bambino, accudimento che si esprime essenzialmente attraverso il contatto tattile e visivo con il bambino. Anche Winnicot insiste sul ruolo fondamentale delle cure materne, come il tenere in braccio il bambino: “Ci sono madri capaci di tenere in braccio un infante e madri che non ne sono capaci; queste ultime producono rapidamente in lui un senso di insicurezza e un pianto disperato” (Winnicot D.W, Sviluppo affettivo e ambiente, 1965). La sensazione di sentirsi avvolto e contenuto nelle braccia materne offre al piccolo un senso di sicurezza e di accettazione su cui il bambino costruirà il suo Io. Inoltre anche il contatto del piccolo con il seno non implica solo nutrimento, ma parte essenzialmente dallo sguardo della madre verso il suo bambino attraverso cui gli comunica che il latte è buono, perché la relazione lo è, quindi egli si può fidare completamente. Molto spesso purtroppo mi è capitato di verificare con le mie pazienti che questo aspetto essenziale del contatto visivo madre – bambino durante l'allattamento è trascurato dalle madre; non è raro che molte giovani donne ammettano che, durante l'allattamento, si distraggono chattando sul cellulare, parlano con le amiche, guardano la televisione, tutto tranne curare la relazione visiva e tattile con il bambino. Questi comportamenti, dettati spesso dalla stanchezza e dall'ansia, sono sicuramente da evitare.
Anche J.Bowlby in “Attaccamento e perdita” del 1969 ribadisce l'importanza delle cure e del legame materno per il futuro equilibrio del bambino. Egli insiste sulla funzione di contenimento della madre attraverso l'accudimento e l'abbraccio, il sentirsi protetto e avvolto, questa sensazione profonda e viscerale funge da ammortizzatore delle pulsioni aggressive fisiologiche del bambino, il quale si sentirà rassicurato di non “ aver distrutto” la madre. La madre infatti ha il compito essenziale di assolvere il ruolo di “contenitrice relazionale” delle pulsioni distruttive del bambino. Questo è un passaggio basilare perché libera il piccolo dal pensiero di essere cattivo.
Bowlby distingue inoltre un attaccamento sicuro, sopra descritto, da uno insicuro in cui il bambino vive una dipendenza e un amore intenso misto alla paura di essere rifiutato. Ciò si può trasformare in una situazione di stallo che impedisce la ricerca di un'autonomia emotiva e il desiderio di uscire da casa.
In sintesi il nutrimento di cui i neonati hanno bisogno non è solo alimentare, ma consiste nel trasmettere una sicurezza e un contenimento che passa dal contatto fisico; la madre rappresenta “la base sicura” che costituisce il ponte fra loro e il mondo esterno. Questo legame di attaccamento cresce fino al terzo anno di vita. Attraverso un atteggiamento materno accogliente, gratificante, valorizzante, protettivo il piccolo percepisce che è un essere importante e significativo e che la madre cerca di offrirgli ciò di cui ha bisogno: cibo, pulizia, contatto fisico, carezze, sguardo accogliente. Il bambino sarà in grado di superare la separazione quando si renderà capace di fare memoria (trattenere nella sua mente) l'immagine della madre come figura di attaccamento. I bambini che hanno ricevuto una base sicura saranno in futuro capaci di separarsi e di affrontare con minor sofferenza i disagi della vita. Se l'attaccamento sarà vissuto come precario a causa di una madre nervosa, discontinua nelle cure, fondamentalmente ambivalente, il bimbo avvertirà ansia da separazione, tutto gli farà paura e svilupperà una personalità.