Per descrivere la rabbia e soprattutto il condizionamento che essa esercita sul comportamento e sull'umore di una persona ecco una storia zen tratta dall' “Intelligenza emotiva” di D. Goleman:

“In un'antica leggenda giapponese si narra di un samurai bellicoso che un giorno sfidò un maestro Zen chiedendogli di spiegare i concetti di paradiso e inferno. Il monaco, però, replicò con disprezzo: “Non sei che un rozzo villano; non posso perdere il mio tempo con gente come te!”. Sentendosi attaccato nel suo stesso onore, il samurai si infuriò e sguainata la spada gridò: “Potrei ucciderti per la tua impertinenza”.
“Ecco” replicò con calma il monaco “questo è l'inferno”.


Riconoscendo che il maestro diceva la verità sulla collera che lo aveva invaso, il samurai, colpito, si calmò, ringuainò la spada e si inchinò, ringraziando il monaco per la lezione. “Ecco” disse allora il maestro Zen “questo è il paradiso.”
Da questa breve storia si evince un aspetto importante: l' espressione della rabbia, in tutte le sue possibili declinazioni (collera, ira, furore, irritazione) è paragonabile, come insegna il maestro Zen, all'inferno, cioè a uno stato di profondo malessere, impulsività distruttiva in cui il soggetto non è più in grado di gestire i suoi stati d'animo ma ne è prigioniero...fino al punto di poter sguainare la spada!
Eppure esprimere uno stato d'animo è comunque positivo e salutare per il proprio equilibrio psichico. Ciò vale, come per tutte le emozioni, anche per la rabbia. Allora come poter esprimerla senza che essa ci travolga o prenda totale possesso della nostra mente?
Osserva acutamente B:Brecht:
“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che la costringono.”
Il controllo eccessivo della rabbia (gli argini) rappresenta una forma di violenza che noi esercitiamo verso una parte del nostro essere complesso che ha bisogno e diritto di esprimersi e non di rimanere nascosta o rimossa; il problema è stabilire come ciò possa realizzarsi senza comprometterne l'equilibrio e il benessere.
La rabbia è un'emozione primordiale che assume sia una valenza adattiva, di difesa, che a volte disadattiva, disfunzionale, distruttiva.
Crea sofferenza e solitudine perché rischia di compromettere relazioni sociali e affettive importanti per il soggetto. Per questo motivo essa viene soffocata, ma un accumulo di rabbia non espressa diventa esplosivo.
(Buddha: Tu non verrai punito per la tua rabbia, tu verrai punito dalla tua rabbia).
La rabbia è quindi un'espressione emotiva intensa e passeggera, con andamento sinusoidale, con punte in alto (ira, furore) e altre in basso (irritazione, fastidio). Da un punto di vista fisico e organico la rabbia comporta anche una trasformazione facciale evidente: fronte e sopracciglia aggrottate, denti serrati, postura in avanti, pronta all'attacco. Si avverte un'accelerazione del battito cardiaco, un afflusso del sangue alla periferia del corpo e una generale tensione muscolare.
Come comportarsi quando avvertiamo l'insorgere della rabbia?
Partiamo dal presupposto che pensiero, stato d'animo, comportamento, reazioni fisiche sono saldamente legati; ognuna di queste 4 aree condiziona e influenza continuamente l'altra, anche se è corretto sottolineare che ciò che avviene nell'area del pensiero produce i cambiamenti più significativi e duraturi nel tempo.
Esiste uno stretto rapporto tra pensiero e stato d'animo che produce conseguenze dirette sull'umore. Si instaura un processo circolare attraverso cui il pensiero agisce sullo stato d'animo che a sua volta permette alla mente di attivare pensieri che rafforzano e danno corpo a quello stesso stato d'animo. Così facilmente una persona arrabbiata tenderà a ricordare i torti subiti e a selezionare solo informazioni negative. Ogni situazione o vissuto offre infatti diverse possibilità di interpretazione; quella accolta e sostenuta determina sia l'insorgere che l'intensità dello stato d'animo!
Essere consapevoli dello stato d'animo vissuto, dargli un nome, definirlo è quindi il primo passo, il secondo è non identificarsi con la rabbia, ma trattarla come una parte del nostro sentire che comunque è estremamente più ricco e complesso. In un determinato momento abbiamo bisogno di
esprimere la rabbia, è una risposta fisiologica e sana, ma questa non è l'unica modalità possibile.
Resta da risolvere il problema essenziale:
Come esprimerla quando avvertiamo che sta per insorgere?
Una tecnica valida, fra le tante che esistono, consiste nell' isolarsi, mettersi in una posizione comoda e confortevole, chiudere gli occhi ed entrare in dialogo con la propria rabbia. Immaginare di essere un regista cinematografico e di voler realizzare un film il cui protagonista è un personaggio collerico e iroso. Definiamo anche in quale epoca ambientare la scena, la trama, le ragioni del protagonista, le sue debolezze e le fragilità. Lasciamo libero sfogo alla sua rabbia, come se Marte, dio della guerra, impossessatosi del nostro protagonista del film, diventasse l'unico personaggio della scena. Diamo corpo, espressione e voce a questo Dio.
Stabilito questo distacco fra noi e la nostra rabbia ritorniamo alla vita normale. In tal modo non abbiamo soffocato la rabbia , ma al contrario, le abbiamo dato spazio nella fantasia, permettendole di esprimersi senza provocare danni interiori a noi stessi o ad altri. Ciò avviene perché siamo stati capaci di smettere di combattere in prima persona la rabbia, controllandola eccessivamente (gli argini di Brecht), ma ponendo al contrario le adeguate distanze:
io non sono la mia rabbia, per questo non la temo e la posso fare parlare! Siamo stati quindi capaci di “incanalare” la nostra rabbia lasciandola libera di esprimersi, senza che essa assumesse una valenza distruttiva per noi.
Prendendo la giusta distanza dalla propria rabbia si impara gradualmente ad ascoltarla e a capire anche i motivi per cui essa, se contenuta, ha la necessità di esplodere. La rabbia esprime comunque una richiesta, da analizzare con seria attenzione, essa ci comunica che qualche aspetto della nostra vita è da rivisitare con pazienza e tenacia.
Concludo questa breve riflessione con una frase di Emil Cioran, famoso filosofo rumeno contemporaneo. Condivido ciò che qui di seguito Cioran esprime, e che però vorrei completare osservando che è vero, “è più sano esplodere piuttosto che trattenere la rabbia”, ma questo deve avvenire in un contesto neutrale, cioè protetto. L'auspicata “esplosione” non si impossessa di tutto il proprio essere ma ne rappresenta, per mezzo della fantasia e della creatività, solo una parte.
“Osiamo esplodere! Qualunque malessere è più sano di quello provocato da una rabbia accumulata”.