Il verbo comunicare deriva dal latino “communicare”, cioè mettere in comune: cum (insieme) munus (compito, lavoro).

L'etimologia della parola stessa ci orienta verso il significato profondo di questo atto, cioè condividere con qualcuno un'informazione, un messaggio, ma anche uno stato d'animo. 

La comunicazione è un processo essenzialmente circolare che parte da un emittente verso uno o più riceventi. Ma non si ferma qui, questo è solo il primo passaggio. Se si vuole comunicare efficacemente è necessario che l'emittente si renda conto che chi riceve il messaggio abbia concretamente capito “cosa” gli è stato inviato e il “senso” di tale azione; affinché questo si realizzi pienamente bisogna quindi essere certi che l'altro abbia compreso non solo il contenuto del messaggio, ma anche l'intenzione con cui l'emittente si è espresso. Per questo motivo la comunicazione  per essere efficace deve assumere una valenza necessariamente circolare. E' dal feedback (che chi ascolta  rimanda a chi ha comunicato) che si capisce se la comunicazione è andata a buon fine. Il feedback, o effetto retroattivo, è il “segnale” che permette di regolare la propria azione in relazione agli effetti prodotti dalla stessa. In una comunicazione lineare in cui A comunica a B qualcosa senza curarsi di avere un riscontro in chi ascolta, ma preoccupandosi solo di aver “ben” comunicato, si rischia di fare solo un monologo; essenzialmente diversa è invece la situazione in cui A  comunica  a B il quale rimanda nuovamente ad A ciò che ha compreso del messaggio, se lo ha accettato, gradito o magari  rifiutato. In questo caso il centro della comunicazione non è più l'emittente (con la sua capacità oratoria, quasi da imbonitore) come avviene nella comunicazione lineare, ma nell'incontro fra i due soggetti. Sbagliando si pensa che per comunicare in modo chiaro siano necessarie solo le idee giuste su cosa si vuole esprimere. La comunicazione circolare sottolinea quanto sia essenziale non solo “cosa”, cioè il contenuto del messaggio, ma soprattutto il “come” è avvenuta la comunicazione. Insorge un altro problema: si comunica solo verbalmente o con tutto il corpo? Gli studiosi di linguistica e di pragmatica della comunicazione sostengono che solo  circa il 20% passa per il verbale, mentre l'80% appartiene alla comunicazione analogica: non-verbale e para-verbale. All'interno della comunicazione affettiva, in coppia, in famiglia, in rapporti di amicizia, la comunicazione analogica assume un'importanza fondamentale: basti pensare ad un'espressione sorridente del partner mentre ci parla piuttosto che cupa , ostile, al peso del silenzio nella relazione di coppia, al modo, l'intensità, al calore di un abbraccio. Oltre a ciò il tono della voce stessa assume particolare rilievo: quante volte lui (lei) dice all'altro: “Ma perché ti arrabbi? Cosa ti ho mai detto? Ti ho solo chiesto di chiudere la porta! Sul contenuto del messaggio non c'è niente da obiettare: è chiaro e non offensivo. Ma come, cioè con che tono, e con quale sonorità vocale ho espresso questo comando. “Chiudi la porta” può essere il preludio a differenti tipi di relazione. Lascio all'immaginazione del lettore trarre le dovute conclusioni.

Affinché la comunicazione all'interno della relazione sia equilibrata e serena è essenziale che fra il canale comunicativo verbale e non verbale ci sia convergenza e non dissonanza. Un esempio banale mentre si stringe la mano ad un conoscente che non si vede da tempo:

 “ Che piacere rivederti!”  (verbale). La stretta di mano è però debole e frettolosa, lo sguardo spento. Una forte dissonanza fra comunicazione verbale e analogica può essere fonte di una relazione potenzialmente patologica e disfunzionale, comunque ambigua.

Oltre a quanto detto è interessante sottolineare l'importanza dello stile comunicativo attraverso il quale due soggetti si incontrano. Lo stile può essere aggressivo, passivo o assertivo. Ciò che definisce uno stile comunicativo da un altro dipende essenzialmente dalle espressioni non verbali: gesti, espressioni del volto, vicinanza o lontananza dall'altro (prossemica), contatto visivo, tono della voce.

Un enorme e rivoluzionario contributo allo studio della comunicazione umana è stato apportato da Paul Watzlawick, della scuola di Palo Alto (California). Per lo studioso la comunicazione è un “processo di interazione tra le diverse persone che stanno comunicando. Tale processo sottolinea il primato della relazione fra i soggetti rispetto al contenuto veicolato”. Nel  libro  “ Pragmatica della comunicazione umana” egli, insieme a suoi collaboratori, sviluppa un approccio pragmatico relazionale che si fonda su 5 assiomi della comunicazione, che descrivono i meccanismi presenti nell'interazione fra due persone, evidenziando il modo per elaborare una comunicazione efficace, priva di fraintendimenti e incongruenze:

 

  • Non si può non comunicare. Ciò significa che non è possibile assumere un “non-comportamento”, in quanto sia nel silenzio, nella fuga, nel nascondersi comunque si comunica all'altro qualcosa di importante.
  • Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo e dunque si ha metacomunicazione. La relazione rimane sempre e comunque prioritaria rispetto al contenuto.
  • La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. Chi per primo ha comunicato instaura una circolarità comunicativa regolata dalla punteggiatura.
  • Gli esseri umani comunicano sia con il metodo numerico o digitale (verbale) che con quello analogico (non verbale). Il primo riguarda l'uso delle parole, i segni utilizzati convenzionalmente per designare qualcosa; il secondo si basa sulla somiglianza (analogia) tra la comunicazione e l'oggetto della comunicazione. Per comunicare in modo efficace bisogna costantemente essere capaci di tradurre da un modulo all'altro.
  • Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, secondo che siano basati sull'uguaglianza o la differenza. Gli scambi simmetrici avvengono quando gli interlocutori si considerano sullo stesso piano, quindi non è presente subordinazione di uno nei confronti dell'altro; gli scambi complementari si realizzano se gli interlocutori si pongono su piani diversi, di superiorità (one-up) e di subordinazione (one-down), come accade in interazioni tra dipendenti e datori di lavoro, tra genitori e figli, spesso purtroppo anche fra marito e moglie.

 

La comunicazione è quindi lo strumento principale attraverso cui arricchire la rete di relazioni tra le persone, i legami più significativi, la propria identità, in quanto ci si conosce e definisce attraverso il rapporto profondo con l'altro: ognuno di noi  non prende parte alla comunicazione, come “ospite” ma è protagonista, in comunicazione diretta e frontale.