In linea di massima possiamo asserire che la caratteristica essenziale di una psicoterapia breve, oltre ovviamente alla limitazione temporale, è rappresentata anche e soprattutto dalla specifica indicazione clinica.

Credo di non evidenziare una "mancanza" di questa psicoterapia osservando che non tutti i disturbi psichici possono essere infatti trattati con questo tipo di approccio psicoterapeutico, come per esempio la maggior parte dei disturbi psicotici o i gravi disturbi della personalità che, comunque, restano difficili da essere trattati con ogni psicoterapia di indirizzo diverso da quello strategico; trovano invece un vasto ed efficace campo di applicazione tutti i disturbi d'ansia acuta o generalizzata con o senza evitamento, quindi anche gli attacchi di panico, le fobie sociali, l'ampio gruppo delle nevrosi ossessivo compulsive, le fobie, tutti gli stati di disagio sociale che producono ansia e sofferenza, inficiando la qualità della vita del soggetto.


Giorgio Nardone, fondatore insieme a Paul Watzlawick del Centro di Terapia Strategica, è direttore della scuola di comunicazione e problem solving strategico, direttore della scuola di specializzazione in Psicoterapia breve strategica di Arezzo; egli è ritenuto uno dei maggiori esperti nel trattamento dei disturbi fobico ossessivi e sicuramente imponente si presenta la mole dei suoi scritti oltre che la sua preparazione teorica. Vastissima la sua esperienza nel campo psicoterapeutico anche grazie alla collaborazione con il collega americano della scuola di Palo Alto, Paul Watzlawick.


La psicoterapia breve strategica si definisce, come sostengono a ragione P.Watzlawick e G.Nardone in "Terapia breve strategica", "...una scuola di pensiero su come gli esseri umani si rapportano alla realtà, o meglio, su come ognuno di noi si relaziona con se stesso, con gli altri e con il mondo. La sua assunzione di base è che la realtà che percepiamo e con la quale ci rapportiamo, problemi e patologie compresi, sia il frutto dell'interazione fra il punto di osservazione assunto, gli strumenti utilizzati e il linguaggio che usiamo per comunicare con tale realtà; non esiste pertanto una realtà "vera" in sé, ma tante realtà quante sono le diverse interazioni tra soggetto e realtà. ....qualunque condizione ci troviamo a vivere, sana o insana, è il prodotto di un'attiva relazione tra noi stessi e ciò che viviamo. In altre parole, ognuno costruisce la realtà che poi subisce."


Presupposto di un'efficace psicoterapia breve strategica, affinché quindi essa si riveli alla fine "breve" veramente, è la capacità e la disponibilità del soggetto ad allenarsi a vedere ciò che accade nella sua vita da un più ampio punto di vista, abituandosi ad un'elasticità mentale che evita ogni forma di rigidità. Ciò è possibile nella misura in cui siamo capaci di tenere a bada le nostre reazioni impulsive. Il linguaggio ci viene in aiuto se esso corrisponde in profondità a ciò che noi sentiamo e percepiamo nell'hic et nunc di quella relazione, in quel momento e nella misura in cui esso riesce ad attingere ad immagini evocative significative per ciò che stiamo comunicando, se riesce ad essere quindi creativo e non stereotipato. Ciò che è richiesto ad un bravo professionista in questo ambito presuppone molta esperienza, sensibilità, capacità intuitiva, controllo della relazione terapeutica.


Concludo con una citazione del professor Giuseppe Campailla, in passato Professore onorario di clinica psichiatrica nell'Università di Trieste:
"Le cosiddette psicoterapie brevi si sono imposte, in questo ultimi anni, all'attenzione delle masse per gli evidenti vantaggi che offrono rispetto alle terapie analitiche o in generale alle psicoterapie a lungo termine...si è verificato un notevole incremento dei cultori di questa branca, non di rado a scapito della qualità delle prestazioni."


La psicoterapia breve strategica, come ogni altra forma di psicoterapia o comunque di aiuto alla persona deve comunque modellarsi ai bisogni, alla sensibilità e soprattutto alla vulnerabilità del soggetto che si reca dallo psicoterapeuta per richiedere un percorso di psicoterapia, per cui sarà lui, paziente, in prima persona, con il suo stesso disagio che, in qualche modo, grazie proprio alla relazione stabilita, entrando in dialogo con lo psicoterapeuta e aprendosi alla relazione con fiducia ed empatia, detterà i tempi necessari per la risoluzione del percorso.

 

COMUNICAZIONE “STRATEGICA”
Esiste un modo per dialogare “strategico” con il proprio partner per attivare una comunicazione efficace, che favorisca una migliore relazione affettiva? Il libro “Correggimi se sbaglio” di G.Nardone, ci viene in aiuto proponendo una serie di approcci comunicativi; alcuni che inibiscono ed altri invece che stimolano un buon dialogo.
In sintesi elenchiamo, seguendo l’ordine presentato nel libro, quelli fallimentari e successivamente quelli idonei a stabilire un rapporto soddisfacente.


PUNTUALIZZARE
E’ una caratteristica delle persone intelligenti, ma se eccessiva diventa ridondante con l’effetto di insospettire, irritare l’altro, che rifiuterà il dialogo proprio per il sovradosaggio di puntualizzazioni; “proprio come un farmaco somministrato in dosi eccessive si trasforma in veleno”.


RECRIMINARE
Si evidenziano le colpe del partner a tal punto e con una eccessiva insistenza da provocare un rifiuto emotivo di chi ascolta.


RINFACCIARE
Chi rinfaccia assume il ruolo di vittima dell’altro con l’intento di indurre il partner a correggersi e soprattutto arrogandosi il potere sull’altro, manipolandolo attraverso i sensi di colpa.


PREDICARE
Serve solo a chi parla producendo spesso la reazione opposta: trasgredire.


“TE L’AVEVO DETTO”
Crea in chi riceve il messaggio un senso di inadeguatezza, l’idea di aver sbagliato mentre chi parla ovviamente ha capito da subito cosa fare. Ciò crea rabbia e distanza emotiva.


LO FACCIO SOLO PER TE
Sembrerebbe un aiuto, ma invece suona solo come una squalifica (tu non sei capace).
Come Watzlawick nella “Pragmatica della comunicazione” ci insegna, ogni atto comunicativo possiede un effetto informativo e uno relazionale (non solo “cosa” dico, ma soprattutto “come” lo dico). Il secondo effetto è essenziale per la relazione.


BIASIMARE
Non significa criticare e neppure contestare, è piuttosto una sequenza rappresentata da una prima parte che appare gratificante per chi ascolta e una seconda parte in cui si afferma che lui o lei avrebbe potuto far meglio, diversamente, comunque non così.