L’etimologia della parola ansia deriva dal latino, anxia. La radice della parola rimanda all’idea del soffocamento, sensazione preponderante che la persona avverte quando si sente pervasa dallo stato ansioso.
L’ansia si presenta come risposta psicobiologica alla percezione interna di un pericolo. L’ansia è simile alla paura e può essere con questa confusa. Bisogna però sottolineare che la paura ha una matrice essenzialmente più “reale”, riferendosi ad un evento o situazione futura che il soggetto avverte come incombente (terremoto in una zona sismica in cui si è recentemente verificato). Nello stato d’ansia sono le immagini o i pensieri di un pericolo incombente, ma non necessariamente reale o già avvenuto che alimentano il disturbo. Essendo i pensieri e le immagini stesse che partoriscono il disturbo è comprensibile spingersi nell’ipotesi che, controllando tali immagini e pensieri, si possa contenere e decisamente limitare il disagio che l’ansia procura. Non è scontato ribadire che la nostra mente si attiva per processi circolari per cui lo stato d’animo, il pensiero, il comportamento e la successiva somatizzazione sono e rimangono comunque in stretta connessione per cui, agendo su uno di questi fattori anche gli altri si trasformano, creando un sistema cognitivo nuovo. L’ansia si presenta come una delle tipologie di espressione più comuni di un disagio psicologico. Molto frequentemente accade che essa esprima conflitti intrapsichici attraverso disturbi somatici, cioè sintomi fisici che rivestono una carica fortemente emotiva: mal di testa, mal di stomaco, disturbi gastrointestinali. In questi casi il malessere fisico avvertito è la diretta espressione di un disagio interiore che il soggetto non riesce ad elaborare altrimenti, perché non ne è a conoscenza coscientemente. Il sintomo in tal caso “agisce” per lui , in lui, nonostante lui! In questa specifica accezione mi sento di affermare che il sintomo d’ansia è “amico” della persona, un campanello d’allarme, un’opportunità seria per rivisitare il proprio vissuto interiore. Per crescere. Se l’ansia è contenuta entro una certa soglia (soggettiva di tollerabilità per quanto riguarda la qualità della vita) essa racchiude in sé una valenza positiva e anche vitale, ottimizza le prestazioni, generando interesse e impegno costante. La percezione dell’ansia mette in moto i sistemi di “allerta” preposti al riconoscimento di un possibile pericolo, mettendo quindi in grado la persona di valutare se evitarlo o affrontarlo nel migliore dei modi. Anche in questo caso l’ansia è “amica” perché funge da barriera protettiva assumendo una valenza significativa di funzione adattiva alla circostanza vissuta dal soggetto e che ha generato il disagio psicologico. Se però lo stato d’ansia oltrepassa una ragionevole soglia di sopportazione per il soggetto, ecco che il sintomo può verosimilmente compromettere la funzionalità del suo pensiero cognitivo. Egli coglierà in modo persistente come pericolose situazioni che invece non lo sono realmente. La differenza essenziale tra lo stato d’ansia “sotto- e sopra-soglia” consiste essenzialmente nel grado di gravità e persistenza del sintomo. 


I motivi di insorgenza dell’ansia sono numerosi: di ordine psicologico individuale, esistenziale, ambientale, di lavoro. L’ansia si può declinare in vari tipi di disturbo:

  1. Disturbo di ansia generalizzata, caratterizzato sovente dalla diminuzione e/o alterazione della qualità del sonno.
  2. Disturbo da attacco di panico.
  3. Disturbo fobico. (dal greco phobos, fuga). Il sintomo esprime infatti la necessità di fuggire da una situazione specifica che paralizza emotivamente la persona spingendola ad evitare ciò che teme. Disturbi tipici di questa tipologia sono il disturbo di agorafobia, claustrofobia, fobia sociale; quest’ultimo disturbo spinge il soggetto a sottrarsi o isolarsi dai contatti umani; questo comportamento è spesso motivato interiormente dalla paura di essere considerato inadeguato o comunque di temere di fare brutta figura.
  4. Disturbo ossessivo compulsivo, caratterizzato da un pensiero o da un’immagine che persistentemente attraversa la mente del soggetto e lo obbliga a inscenare meccanismi ripetitivi, spesso veri e propri rituali. Esempio tipico può essere il bisogno di controllare all’infinito che il gas sia spento prima di andare a letto.

    In questi disturbi il denominatore comune si rintraccia in una bassa autostima,conflittualità interiore, difficoltà di concentrazione, apprensione diffusa, tensioni muscolari, tachicardia, sudorazione, dolore al torace, dispnea, disturbi del sonno ed infine stato persistente di allarme con perdita di interesse sessuale.

    Ma quali sono gli strumenti o le armi di cui l’ansia si serve per manifestarsi e dominare il pensiero della persona?
  • I più significativi ed efficaci sono i “pensieri automatici” che si presentano come parole, immagini, convinzioni aprioristiche, immotivate quanto ben radicate nella psiche del soggetto, accolte come scontate, ovvie. I pensieri automatici possono assumere valenze negative (“non ce la farai mai”) o positive (“dai, insisti che ce la puoi fare alla grande!).
  • Generalizzazioni eccessive (si parte da un episodio specifico e si universalizza: ho conosciuto un uomo avaro...tutti gli uomini sono avari).
  • Previsioni di catastrofi che si annunciano come imminenti.
  • Logica del tutto o niente (frutto di un pensiero dicotomico).
  • Esagerazione o minimizzazione (Si distorce completamente l’importanza e significato degli eventi)
  • Personalizzazione (Ci si considera responsabili di eventi esterni attribuiti alla persona stessa quando invece non lo sono).


L’ansia, nel momento in cui si manifesta, mette in moto un circolo vizioso di cui è complicato esserne consapevoli:

  • sintomo;
  • risposta fisiologica (sudorazione, tachicardia…);
  • comportamento difensivo evitante.
  • accentuazione del sintomo!

Come uscire da questa spirale? La persona stessa che vive il disagio è in grado di superarlo nel momento in cui accetta di entrare in dialogo con esso, comprendendo i motivi del suo insorgere. Essenziale è la sua capacità di percepirsi come estremamente più ricca e complessa del disagio stesso che avverte; capace di attingere alle risorse interiori mentali ed emotive che la contraddistinguono. Inoltre un approccio psicoterapeutico integrato offre valide risposte che si avvalgono dei contributi dei recenti studi psicologici: dalle strategie cognitivo comportamentali, agli studi sull’intelligenza emotiva, all’approccio dinamico che permette di entrare in ascolto profondo di ciò che il sintomo cerca di esprimere. In ultimo, ma non certo ultimo per importanza, vorrei evidenziare il contributo che la tecnica del training autogeno può apportare nei casi di ansia, come forma elettiva di meditazione che stimola un atteggiamento introspettivo capace giungere all’ascolto profondo di sé.